Elio, ti ho lasciato adducendo motivazioni plausibili

Elio, ti ho lasciato adducendo motivazioni plausibili



Prima metà del 1990. Gita scolastica di terza media, viaggio Torino-Vienna in autobus. Ero seduto più meno a metà bus, cioè né tra quelli vicini al potere, né tra quelli contro. Come in tutte le gite che si rispettino si faceva un po’ di cagnara, solo un po’, perché la scuola era di estrazione borghese (hey ci ero finito per caso!). C’era chi passava il tempo con la fidanzata, chi dormiva, chi leggeva e chi ascoltava musica. Non ricordo come ma a un certo punto mi arriva una cassetta e chi me la dà mi dice qualcosa del tipo “Senti questo…dicono un sacco di parolacce!”. Wow! Una cosa altamente fuorilegge! Altro che stare a fondo del bus! E speriamo che la Preside non se ne accorga!

La registrazione in questione era con ogni probabilità il “Live in Borgomanero” perché mi ricordo di “Tenia”. In ogni caso è così che iniziò il mio rapporto con il simpatico complessino.
Qualche mese dopo, non so perché, sto ascoltando “Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu” a casa di mia nonna, senza cuffie. Lei non gradisce uno dei brani, pensa sia Zucchero (pensava sempre fosse Fornaciari, se sentiva una parolaccia) e mi consiglia di non ascoltare più queste cose. Ma non demordo. Anzi. Sono uno dei pochi eletti che conosce Elio & Le Storie Tese. Non ascolto Jovanotti, ma Elio. Eccheccazzo. E poi c’è il 1991 e lo “scandalo” del primo maggio. Questi sono fortissimi. Non ho dubbi.

È un rapporto che si cementa un po’ per l’età e la voglia di svago, ma anche per quell'ondata di musica demenziale che colpisce i primi anni novanta, senza contare che a Torino c’è il “Festival di Sanscemo” e gli Eelst sono considerati la punta del genere ma se ne guardano bene di entrare in quel giro. Non mi è ancora chiaro che loro sono di un altro pianeta nonché “allievi” del sommo Frank Zappa. Mi divertono. Tutto lì.

Il diciassette settembre del 1992 convinco mio padre ad accompagnarmi alla “Festa Dell’Unità” (per lui il male assoluto) per vedere dal vivo, per la prima volta, al Palasport di Torino, Elio & Le Storie Tese.  È il tour di “İtalyan, Rum Casusu Çıktı”, uscito qualche mese prima e comprato lo stesso giorno in cassetta. È il capolavoro assoluto, il disco che lancia ancor di più il gruppo milanese che bombarda l’Italia con il “Pippero” e “Servi della Gleba”. È da lì che ci si rende conto che questi sono bravi, bravissimi. 
Con l’album dal vivo in studio “Esco dal mio corpo e ho molta paura (Gli inediti 1979-1986)” si prende un po’ fiato e si fa il punto della situazione di una carriera già molto lunga ma poco conosciuta. Iniziano la trasmissione su Radio
Dee Jay, passano in TV, conquistano nuovo pubblico, ma restano sempre un gruppo di nicchia. Poi arriva il 1996 e il colpo di Stato.

Accolgo la notizia della loro partecipazione a Sanremo con molta rabbia. Si sono venduti? Odio Sanremo e non lo seguo nemmeno oggi. Però alla fine guardo, se non altro, le loro esibizioni e la sera del grande scandalo della finale sono a casa di qualcuno a guardare la diretta.
Pippo Baudo o chi per lui scippa un’incredibile vittoria, un secondo posto che alla fine è meglio del primo, perché è un gran colpo di fortuna che porta Elio & Le Storie Tese a diventare un gruppo nazionale. I complimenti si sprecano, i fan si moltiplicano: c’è uno a scuola che dice che un suo amico (o suo Cuggino) che suona il basso ad alti livelli, non riesce a stare dietro a Faso. Non so chi fosse quel tipo, ma credo si trattasse di uno dei tanti appassionati che suonano in birreria e non di Les Claypool. Un ragazzo alla fermata del bus esibisce la sua maglietta di “Eat the Phikis” e vede la mia con la mucca con le gambe e spontaneamente ci diamo un cinque. Che nerd! Ma è una versione più tollerabile dell’incrociare i propri peni in segno di reciproca stima. Noi ragazzi parliamo usando le frasi delle canzoni o quantomeno imitando lo stile.




Al successivo tour, quello di “Eat the phikis”, devo sgomitare per stare in mezzo a persone che conoscono solo “La Terra dei cachi”. Un signore di mezza età urla “ma ha il braccio finto? C’è il braccio finto?” prima di essere inghiottito dalla calca e malmenato. Per fortuna mi smarco dalla plebaglia commerciale che ha portato il Festival perché faccio parte del Fave Club. Il Fan Club, che essendo ancora abbastanza esiguo ti permette di incontrare il gruppo dopo il concerto. Foto con tutti. O quasi. Perché Feiez ci passa davanti e non ci saluta nemmeno.

Poi non so. Qualcosa si incrina. In me e in loro. Muore Feiez ed è uno shock per tutti, anche se non ci ha salutato. Io ho passato i venti e ascolto anche tanti altri generi. Non amo i cofanetti e i best che escono (“Perle ai porci” e “Del meglio del nostro meglio Vol. 1”) e soprattutto c’è qualcosa in “Craccracriccrecr” che non mi convince per nulla. 
La scomparsa del largo Factotum così drammatica ha pesato tantissimo, anche se il disco ha qualche ottimo brano come “La visione” che cita il RAP italiano, Jovanotti in particolare, l’esercizio di stile de “La bella canzone di una volta”, la danzereccia “Discomusic”, “Bis” in stile Ligabue e tremendamente nostalgica.

Devo ammettere però che preferisco i tanti side project i singoli, ma non lo do a vedere perché ripeto con fierezza il noto mantra “fanno musica demenziale ma sono bravi”, fino alla noia di chi mi ascolta. 

Non tradisco i miei eroi di un tempo insomma, anche se i dischi non mi convincono più. “Cicciput” più apprezzato dalla critica del predecessore, si fa notare nuovamente per alcuni singoli come “Shpalman”, “Fossi Figo”, “Litfiba tornate insieme” e “Gimmi I.” 
Torno a vederli dal vivo, compro anche “Il CD Brulè” registrato e venduto
durante il concerto, ma il suono è troppo complesso per i miei gusti. Ma sia chiaro non li rinnego e ripeto ancora “fanno musica demenziale ma…” ecc.ecc. 

Un’altra infilata di cofanetti, singoli e side project a testimoniare l’ecletticità del gruppo mi porta all'ascolto obbligato, di “Studentessi” e “L’album biango” che per me si fanno notare solo per “Parco Sempione” e “Primo Maggio”, oltre al colto riferimento del titolo del settimo disco.
Ah…poi c’è “Figatta de Blanc” ma non credo di essere riuscito ad ascoltarlo tutto.

Intanto gli Elii che tornano al Festival ricevono i complimenti di tutti, a volte un po’ forzati e ipocriti, quasi a scusarsi dei fatti del 1996. I brani sanremesi, esemplari esercizi di stile (ma tutto lì per quanto mi riguarda), li fanno entrare nell'Olimpo della musica italiana, sì, ufficialmente per tutti sono quelli che “fanno musica demenziale ma sono bravi”Hey! Hey! Hey! Un momento. Facile ora vero? Io lo dicevo dagli anni novanta a gente che ascoltava Jovanotti e gli 883 e non mi dava ascolto e lo dico ancora oggi mentre metto a posto le magliette comprate ai concerti, tutti i CD e le foto che vedete qui. 

Caro Elio, ci siamo forse un po’ persi negli anni, ma vi ho sempre voluto bene (però visto che siete molto intelligenti vi sarete resi conto che arrivato il momento di smettere).

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